venerdì 30 gennaio 2009

La bambina della canna da pesca

(foto da internet)

A volte la vita reale è magica. Se avete dei dubbi al riguardo, continuate a leggere. Il racconto che vi proponiamo è un aneddoto reale, accaduto ad una vostra compagna di 1º di avanzato della EOI di Sagunto. Abbiamo già pubblicato prima qualche suo racconto nella sezione "L'angolo degli alunni". Ve ne consigliamo la lettura, perché si tratta di una storia davvero sorprendente!

Primavera del 1985, nel cuore del mese di maggio. Dal mese di aprile, tutti i fine settimana andavo a un piccolo paesino dove i miei genitori avevano una casa. Anche i miei zii e i miei cugini passavano le vacanze a Calles (così si chiamava e si chiama ancora oggi questo paesino). Avevo celebrato la prima comunione il fine settimana precedente e mi avevano regalato una piccola canna da pesca marrone con tutti i suoi complementi. Beh, mi sono dimenticata di dire che nella mia famiglia c’è molta passione per la pesca. Siamo un po’ attivi e la pesca mitiga il nostro carattere inquieto. Anche se preferiamo il mare alla montagna, la verità è che questo paesino si trova all’interno della provincia. C’era una ragione: agli uomini della famiglia piaceva anche andare a caccia, cosa che col passare degli anni hanno abbandonato a vantaggio della pesca.
Ci piace ascoltare il rumore della natura, siamo così...
Ma quel fine settimana soltanto i miei genitori, mio fratello (tre anni più piccolo di me) e io andammo al paesino. Sabato mattina prendemmo il cibo e le nostre canne da pesca con il proposito di passare la giornata al Pantano Loriguilla. Quel giorno avrei usato per la prima volta la mia canna nuova. Ero molto felice. Va be’, la verità è che da piccola sono sempre stata una bambina molto felice, attiva e partecipativa. Tutto mi piaceva e tutto lo facevo volentieri senza nessuna preoccupazione. In mancanza di qualche dente, il mio sorriso sempre lasciava intravedere il mio carattere allegro e amichevole. Peccato che le persone ci sciupiamo... Il fatto è che quando raggiungemmo il pantano, ero ansiosa di provare il mio regalo, gettai l’amo con uno stile eccellente e rimasi quieta senza distogliere lo sguardo dal sughero che galleggiava sull’acqua. Così rimasi per un paio di ore, con la canna fra le mani, sotto la luce del sole, nella tranquillità del luogo. Ma all’improvviso, dal nulla, una forza mi strappò la canna dalle mani e i miei occhi guardarono come il mio regalo si perdeva nella profondità del pantano, come una preda inghiottita da un serpente.
-Oddio! Mamma, mamma! Hai visto? La mia canna... Un pesce ha abboccato all’amo e ha vinto la mia canna nuova... –dissi con le lacrime sul viso.
-Sì, l’ho visto. Deve essere un pesce grande, ma non piangere. Non ti preoccupare, prendi la mia –disse la mia mamma.
-No. La mia canna marrone me l’hanno regalata gli zii –e mentre dicevo queste parole, mi inginocchiai con lo sguardo al cielo. – Padrenostro che sei nei cieli...
-Ma, che fai? La canna non ritornerà, lascia perdere.
-Sto pregando Iddio. Sai, le cose che si chiedono con il cuore, possono farsi realtà. Quando c’è fede tutto è possibile –supplicai. - Padrenostro che sei nei cieli...
La mia mamma mi guardava come se non credesse a quello che vedeva. ‘Mia figlia è una stupida cretina. Se adesso piange, quando ritorneremo a casa senza la canna cadrà in una profonda desolazione e sarà difficile che creda di nuovo in qualcosa’, pensò.
-Lascia stare. Guarda, la mamma te ne comprerà un’altra, più grande e del colore che tu vuoi. Va bene?
-La canna ritornerà. Dio, perché mi fai questo? Mi sono sempre comportata bene. Sono buona... Cosa ho fatto male? –E con il mio peculiare senso della giustizia, che sempre affiora quando le cose non sono come penso che dovrebbero essere, aggiunsi arrabbiata –non è giusto!
-Basta! Non essera ridicola. La canna non ritornerà. Alzati! –disse mia mamma con la vena della fronte gonfia di rabbia.
-No, mamma. Dio non mi può fare questo, Lui può fare che la canna esca dalla profondità del pantano. Padrenostro che sei nei cieli...– e con la fede cieca di una bambina che ha preso la prima comunione recentemente, pregai di fronte all’acqua, mentre la mamma mi guardava profondamente rassegnata.
Così passarono un altro paio d’ore.
-Figlia, vuoi smettere di pregare e lanciare la mia canna? Ormai ho messo l’esca nell’amo. Prendi la canna...
-Non voglio, voglio la mia canna. Padrenostro che sei nei cieli...
-Va be’. La lancerò io.
E così fece! Poco dopo la punta della sua canna si piegò come una vecchia.
-Un pesce ha abboccato! Adesso un po’ di pazienza –le sue parole erano come un sussurro. –Puoi smettere di pregare un attimino? Ho bisogno di un po’ di silenzio. Aspetterò che si fidi un po’.
Ma il pesce aveva abboccato così forte che mia mamma tirò con forza la canna mentre raccoglieva il filo velocemente.
-Deve essere grande... ma... Che succede? Che cos’è?... –disse mia madre rossa per lo sforzo.
La sua canna aveva agganciato la mia canna marrone che emergeva dalla profondità del pantano come la fenice dalle ceneri. Dall’amo pedeva il pesce che ore prima me l’aveva rubata dalle mani.
Da allora, mia mamma non mise mai più in discussione che le cose che si chiedono con il cuore possono diventare realtà, e io smisi di pregare per ottenere cose assurde. Oggi, non so dov’è la canna marrone che dopo quel giorno non ho usato mai più, ma so fin dove può arrivare la forza del cuore. Anche se ora non credo nei miracoli, ancora mi faccio alcune domande rispetto alle ingiustizie della vita che non hanno soluzione e lo spirito dell’ 85 ritorna a me. Allora i miei amici mi guardano con un po’ di paura, ‘Se lo dice la bambina della canna da pesca...’

gennaio 2008

A. G.

giovedì 29 gennaio 2009

I carciofi alla giudia


(Portico d'Ottavia. Foto da internet)

Ariel Toaff è figlio dell'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff. Ariel Toaff è uno storico interessante e, tra le sue opere, segnaliamo un libro prezioso sull'alimentazione della comunità ebraica in italia. Il testo s'intitola Mangiare alla giudia. La cucina ebraica in Italia dal Rinascimento all'età moderna. In esso si analizza l'evoluzione del gusto culinario del popolo ebraico e della contaminazione della cucina italiana con quella della comunità giudaica (e viceversa). Secondo Toaff la comunità ebrea romana è una delle più antiche al mondo. Ha, geograficamente, luoghi ben definiti: il Portico d'Ottavia (vedi>>), nei pressi del Tevere. Attorno al Portico, venne istituito, nel 1555, il ghetto ebreo di Roma, per volere del Papa Paolo IV, mediante la bolla Cum nimis absurdum.  

Gli ebrei che abitavano in città furono costretti a risiedere attorno al quartiere di Sant'Angelo. Si costruì anche un muro con tre porte. Oltre a risiedere nel ghetto, gli ebrei dovevavano essere facilmente riconoscibili: gli uomini dovevano indossare un cappello di color glauco e dovevano dedicarsi, esclusivamente, al commercio degli stracci e dei vestiti usati. In questo spazio ben delimitato fisicamente vennero a contatto gli ebrei romani, gli ebrei spagnoli espulsi da Isabella di Castiglia e gli ebrei siciliani espulsi dagli Aragonesi. Questa ultime due popolazioni avevano convissuto con due grandi civiltà islamiche, in Sicilia e in Spagna. Da questa fusione, secondo Toaff,  nacque la cosiddetta cucina alla  giudia.

(Foto da internet)

La cucina alla giudia è una cucina particolarissima che, con le sue marcate caratteristiche, è assai apprezzata in tutt'Italia. E’ una cucina sefardita, con origini mediterranee, e che rimanda alla tradizione degli arabi di Spagna e di Sicilia; una cucina intrisa di finezze italiane. Fra i numerosi piatti della cucina ebraica romana, oggi vorremmo farvi conoscere i carciofi alla giudia. Mangiati, un tempo, durante la ricorrenza dello Yom Kippur, oggi sono il fiore all'occhiello della cucina ebraica: uno squisito contorno che ben si accompagna a carni, arrosti, ecc. 

Se andate a Roma, i posti migliori per assaggiarli sono Giggetto al Portico d'Ottavia e Piperno

Da non perdere!!  

mercoledì 28 gennaio 2009

La Giornata della Memoria

(foto da internet)

Il mondo ricorda la Shoah: ieri, 27 gennaio si è commemorata la «Giornata della Memoria», data che rimane nella memoria collettiva del mondo libero come il giorno dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, simbolo dell'orrore e dell'Olocausto perpetrato dal nazismo.
Avvenimento centrale delle numerosissime iniziative organizzate per il Giorno della Memoria era l'incontro, al Quirinale, tra il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna. Attesissimo il discorso del Presidente della Repubblica .
Dal canto suo, il premier Berlusconi, in un messaggio, ha sottolineato che le leggi razziali sono ancora una ferita aperta: «Il 27 gennaio si celebra in tutta Italia il Giorno della Memoria. In questo giorno, 64 anni or sono, furono abbattuti i cancelli di Auschwitz. Questa data e quel luogo sono il paradigma dello sterminio di un popolo che ha segnato per sempre la storia dell’umanità. Non lo dimenticheremo mai. Per questo nutriremo il ricordo della Shoah con celebrazioni e iniziative rivolte in modo particolare ai giovani, affinchè sappiano a quale punto di aberrazione può arrivare l’odio dell’uomo contro l’uomo».

(foto da internet)


Quest’anno la Giornata della Memoria è stata accompagnata da un’accesa polemica che, la settimana scorsa, ha suscitato il programma di Michele Santoro, Annozero, per la puntata dedicata all'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, senza mezzi termini, ha tacciato la puntata di antisemitismo.
Ma, c'è dell'altro, perché alla commemorazione della Giornata della Memoria e, quindi, dell'orrore nei lager nazisti, si aggiungono anche le riflessioni storiche e politiche di monsignor Richard Williamson, che sostiene: "Camere a gas? Mai esistite". E il vescovo, forte della revoca della scomunica del Papa ai lefebvriani, tace completamente sulla Shoah.
Il dibattito sembra non avere fine!!!


martedì 27 gennaio 2009

100 anni di fumetti italiani


E’ il 27 dicembre 1908 quando il Corriere dei Piccoli appare nelle edicole italiane come supplemento del Corriere della Sera. 80.000 copie messe in vendita al prezzo di dieci centesimi ciascuna. È il primo giornalino a fumetti dell’editoria italiana dedicato ai bambini e ai ragazzi.

Le tavole delle storie non hanno ancora le nuvolette. I testi sono didascalie messe sotto i disegni, con versi in rima baciata o alternate che spiegavano le vignette. Diventa celebre la frase “Qui comincia un’avventura del Signor Bonaventura”, dove questo strampalato personaggio riesce a portare a termine le sue imprese guadagnando sempre alla fine un assegno di un milione di lire.


A cento anni dalla sua nascita, la mostra Il Corriere dei Piccoli –storie, fumetto e illustrazione per ragazzi rende omaggio al fumetto italiano. L'iniziativa è stata promossa e organizzata dalla Fondazione Corriere della Sera, che ha messo a disposizione il suo imponente archivio storico. Una sequenza di capolavori della letteratura disegnata dal 1908 in avanti che offre ai visitatori una preziosa occasione per ammirare oltre 300 immagini di altissima qualità grafica, selezionati da un totale di 39.000 fogli del Corriere dei Piccoli e da più di 5.000 del Corriere dei Ragazzi. La rassegna si avvale di un'ampia ricerca condotta su disegni originali, alcuni inediti e provenienti da collezioni private; saranno rappresentati i personaggi più famosi del Corriere dei Piccoli: il Signor Bonaventura, la Pimpa, Lupo Alberto, Gli aristocratici, Cocco Bill, Corto Maltese e tanti altri.

L'evento si rivolge a un vasto pubblico e in particolare ai giovani: saranno coinvolti infatti gli alunni delle scuole di Milano e Lombardia che potranno diventare protagonisti attivi della mostra attraverso spazi dedicati al lavoro creativo e percorsi didattici interattivi.

lunedì 26 gennaio 2009

Serrat (in italiano)

(foto da El País)

L'altro giorno, un lettore, in un commento al post che abbiamo dedicato a Fabrizio De André, affermava che il cantautore genovese poteva essere considerato il Serrat italiano
Può darsi. Nel leggere il commento, ci siamo ricordati dell'avventura italiana di Joan Manuel Serrat che dura ormai da molti. 
Molti lettori probabilmente non sanno che alcune canzoni del cantautore catalano sono state riadattate e tradotte nella nostra lingua. 
Niente paura: siamo riusciti a reperirne alcune su internet. 
L'avventura serratiana nel nostro paese ha inizio molti anni fa: i primi a riadattare (e a tradurre) le sue canzoni furono due mostri sacri della musica leggera italiana: Mina e Gino Paoli.


(Foto da internet)

Iniziamo da Mina: vi proponiamo la particolarissima versione di Balada de otoño (a noi piace molto!), intitolata Ballata in autunno, firmata dall'autore-regista Paolo Limiti.
La tigre di Cremona propose anche la famosa La tieta, in un'originalissima versione dello stesso Limiti, intitolata Bugiardo ed incosciente.



(Foto da internet)

Un discorso a parte merita Gino Paoli. Amico del noi del Poble Sec, Paoli ha riadattato e tradotto alcune canzoni melodiche di Serrat che si adattavano assai bene al suo timbro vocalico.
Eccovi alcuni esempi: Il manichino (De cartón piedra), La donna che amo (La mujer que yo quiero, qui a duo con Serrat!), Mediterraneo (Mediterráneo), Un'altra estate (Aquellas pequeñas cosas)...


(Foto da internet)

Ultima, ma non meno importante, la versione de La tieta -intitolata La ziatta- realizzata dal cantante-scrittore-filologo Francesco Guccini il quale tradusse, in un esperimento molto audace, la canzone in dialetto emiliano. Perché? Perché secondo Guccini il dialetto emiliano ben si adatta alle caratteristiche fonetiche e fonologiche della lingua catalana: caduta dell'ultima vocale, riduzione sillabica rispetto all'italiano, ecc.
Prima di lasciarvi vi abbiamo preparato una sorpresa: Serrat in carne e ossa che canta, in italiano(!), Aquellas pequeñas cosas.
Vi piacciono? Più Mare nostrum di così...

Buon divertimento! 

venerdì 23 gennaio 2009

Italians


(foto da internet)
Arriva Italians, e non si tratta del forum di Beppe Severgnini. È il nuovo film di Giovanni Veronesi, omaggio esplicito a un certo filone della commedia nostrana -quella di italiani brava gente, aggiornato con le nevrosi e le tendenze contemporanee, con un tris di protagonisti maschili. Nel film si raccontano due episodi: nel primo una coppia di camionisti e trafficanti d’auto - Sergio Castellitto e Riccardo Scamarcio, in quel degli Emirati Arabi, cambierà la vita di una ragazza del posto...; nel secondo il dentista Carlo Verdone, a San Pietroburgo, finisce preda di un amico ossessionato dal sesso facile..., e da sottofondo suona Meraviglioso –dei Negramaro.

(foto da internet)
Con queste trame, e con questo concentrato di vizi e virtù nostrane, non ci si sorprende che, alla presentazione del film, il dibattito si sia sviluppato tutto attorno al concetto di italianità, e al modo di essere Italians tra luoghi comuni e realtà. Di fronte al dubbio su “brava gente”, i protagonisti forniscono risposte diverse. Il più deciso a difendere la pellicola, ovviamente, è il regista, il cui discorso si concentra sulla riconoscibilità degli italiani all’estero, su quell’italianità che ci si porta addosso, con quella straordinaria capacità di adattamento, quando non si è nel proprio Paese.
Riconoscibili sempre e comunque, quando vanno all’estero: fanno suonare più di chiunque altro i metal detector degli aeroporti, seguono insistentemente con lo sguardo le belle donne... Eppure capaci, nei momenti difficili, di essere davvero generosi. È attorno a questa costellazione di luoghi comuni - un po’ veri un po’ no- che ruota questa nuova commedia targata Giovanni Veronesi.
(foto da internet)

Il quesito, però, resta: è o non è troppo facile, troppo banale, ridursi alla solita categoria di brava gente? Castellitto, di fronte all'ennesima riproposizione, invita a non prendere la questione troppo sul serio: «Siamo abbastanza straordinari e abbastanza indecenti, “buoni a nulla e capaci di tutto». Ma è vero che all’estero gli italiani sono conosciuti soprattutto per i luoghi comuni. Ma, avverte Castellitto: «non dimentichiamo che in Italians il riferimento ai nostri vizi e virtù è soprattutto cinematografico, rimanda alla commedia all'italiana. Sullo schermo non dovete cercare la commedia, non la sociologia».

(foto da internet)
La risposta più sentita, però, quella meno diplomatica, arriva da Verdone: «Ricordiamoci che con la globabalizzazione, con i fenomeni migratori, con questa mescolanza tra culture diverse, tra 50 anni degli Italians non si parlerà più... e allora teniamocela stretta, questa nostra tradizione, la rappresentazione dei nostri difetti. Gli Eduardo, i Scarpetta, i Govi, i Gioacchino Belli». E chiude il discorso.


giovedì 22 gennaio 2009

Viaggio nel tempo

(foto da internet)

Vi piacerebbe viaggiare con una moderna macchina del tempo? Che ne direste di conoscere la Roma antica e ammirare la Domus Aurea e il Colosseo in tutto il loro splendore? Tutto questo è possibile senza uscire di casa , con un semplice clic, grazie a Google Earth. Si tratta di un layer di Google che offre la possiblità agli internauti di visitare la Roma imperiale in 3D. Con questa nuova tecnologia si possono ammirare online 7000 edifici comuni, 70 templi, 9 ponti, 13 miglia di cinte murarie e 200 case unifamiliari perfino nei minimi particolari.

Per gli utenti di Google Earth Italia, la Rai ha anche messo a disposizione parte del parte del proprio tesoro audiovisivo, accessibile attraverso al canale youtube dedicato al progetto.

Per visualizzare il layer in 3D basta installare Google Earth sul tuo pc (scaricabile gratuitamente all'indirizzo http://earth.google.it), fare clic su "Roma Antica in 3D", nella cartella "Galleria" sul pannello a sinistra dell'interfaccia di Google Earth.


Grazie alla tecnologia di Google è possibile anche ammirare 14 capolavori del Museo del Prado nei minimi dettagli, molto meglio di quanto non si possano ammirare ad occhio nudo. L’iniziativa è stata possibile grazie alla stretta collaborazione di Google e dei responsabili del Museo madrileno.

"Un'immagine non sostituisce l'esperienza di un'opera in diretta", afferma il direttore Miguel Zugaza ma riconosce che "Non c'è modo migliore per rendere tributo ai grandi maestri che universalizzare la loro arte e renderla accessibile al maggior numero possibile di persone". Per il momento, si tratta solo di un esperimento limitato a una selezione di capolavori, ma Google non esclude che in futuro si possa decidere di allargare l'iniziativa ad altri quadri del Prado e, forse, al altre pinacoteche e musei di altri paesi del mondo.


mercoledì 21 gennaio 2009

Fabrizio, 10 anni dopo

(foto da internet)


Nel gennaio del 1999, a soli 59 anni, moriva a Milano Fabrizio De André.
A dieci anni di distanza, Genova, la sua città natale, lo ricorda con un'importante mostra a Palazzo Ducale, e un po' in tutta Italia si moltiplicano i tributi alla sua memoria.
Nei pressi di Leccola Fondazione De André ha patrocinato la rassegna 10 palchi per Fabrizio, una settimana di incontri, concerti e proiezioni, inaugurata da due vecchi amici del cantautore genovese: Don Andrea Gallo, animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, e Paolo Finzi della rivista anarchica A, di cui De André era assiduo lettore.
Fabio Fazio, su Rai Tre, ha condotto lo speciale di Che tempo fa, intitolato Fabrizio 2009 (guarda la bellissima intervista a Enzo Piano). 
Il Genoa (di cui il cantautore era tifosissimo) gli ha dedicato un video con alcune sue canzoni e immagini. 



(foto da flickrcc)


Il sentimento di stima e di affetto dimostrato nei confronti di De André ha coinvolto buona parte della società civile italiana. Oltre la retorica e l'ufficialità, pervive un sentimento spontaneo di riconoscenza nei confronti del poeta-musicista, paladino indimenticabile della libertà e della pietà; a dieci anni dalla sua scomparsa, l'opera del cantautore genovese appare intatta nella sua attualità: l'antimilitarismo, i balordi, gli sconfitti, l'amore, i ribelli, le radici, il mare, l'ingiustizia sociale, gli emarginati... 
Alcuni quotidiani italiani hanno indetto un sondaggio fra i lettori per scegliere la più bella canzone scritta da De André: al primo posto appare La canzone dell'amore perduto (vedi>>). 
Noi vogliamo ricordarlo con una delle sue ballate più belle: Via del Campo,  carruggio del centro storico di Genova, in cui De André ricostruì una parte del suo microcosmo elettivo, il posto in cui dal letame nascono i fior... 

martedì 20 gennaio 2009

Quel lunedì grigio di gennaio!

(foto da internet)
Ieri, lunedì 19 gennaio, avete notato qualcosa che proprio non andava?
Se non siete riusciti ad alzarvi dal letto e magari avete telefonato al lavoro spiegando che stavate poco bene, nessuna paura, non siete stati gli unici demotivati. Anzi pare sia stato un fenomeno diffuso e sarete perfino giustificati.
Dall'Inghilterra dicono che ieri, 19 gennaio, era il giorno più deprimente dell’anno. Il peggiore per una micidiale combinazione di feste ormai archiviate e definitivamente passate senza essere state portatrici di grandi cambiamenti.
Allora, i buoni propositi dell’anno che verrà? Sicuramente la maggior parte saranno già infrante: la prima sigaretta è già stata fumata e il primo "sgarro" alla dieta ormai è già di qualche giorno. E i massacranti e quotidiani allenamenti in palestra? Ieri sarà sembrato tutto irrecuperabilmente trascurato. Se poi aggiungiamo la crisi e le parole del ministro Solbes nessun dubbio.

(foto da internet)
La deprimente «scoperta» in realtà è una furba campagna pubblicitaria lanciata alcuni anni fa dal canale di viaggi britannico Sky Travel della tv BSkyB. Ma, mica storie: "tramite complicati calcoli, considerando il tempo atmosferico, il livello dei debiti, i giorni che ci separano dal prossimo Natale, la presa di coscienza che i buoni propositi di inizio d'anno sono già finiti nel dimenticatoio, i bassi livelli motivazionali e altre amenità simili”, ieri è stato proprio il giorno più deprimente, che ricade sempre il lunedì dell'ultima settimana completa di gennaio. Quest’anno il 19 gennaio, lo scorso anno era il 21, l’anno prossimo sarà il 25 gennaio.

(foto da internet)

Se condividete questa asserzione, per combattere la depressione del giorno più triste dell’anno, vi consigliamo di giocare i seguenti numeri al lotto: 1, 19 e 73 (la depressione secondo la Smorfia napoletana). Ricordate che l'Italia è il Paese europeo più pessimista; non dimenticate le paroline confortanti del nostro premier quando ripete il suo mantra «bisogna essere ottimisti».
Ah, ancora una cosa: fischiettate la canzone Don’t worry, be happy, di Bobby McFerrin. Comunque sia metterà di buon umore!

lunedì 19 gennaio 2009

Style(tto) run

(foto da internet)

C’è chi crede che non tutte le scarpe siano adatte alla corsa. Pare che la cosa migliore sia cercare il modello di scarpe da atletica più vicino alle nostre esigenze e al nostro tipo di fisico, in modo da evitare sforzi inutili e il rischio di fastidiosi effetti collaterali
All'apparenza scegliere le scarpe da running adatte sembra un’impresa quasi impossibile: basta entrare in un qualsiasi negozio specializzato e imbattersi in centinaia di modelli quasi identici, ma con le indicazioni giuste si può fare la scelta corretta.
Innanzitutto è bene evitare scarpe che calzino strette o al contrario troppo larghe. Bisogna provarle sempre a entrambi i piedi e non a uno solo. Un’altra caratteristica essenziale è sicuramente la leggerezza allo scopo di non affaticare i muscoli delle gambe.
Un ulteriore consiglio poi è quello di spendere qualche euro in più e di affidarsi a delle marche ben note e non a una scarpa da corsa di dubbia provenienza e fattura. Tra le marche più popolari tra i velocisti, ci sono le scarpe da corsa Asics, Adidas e Mizuno.


(foto da internet)

Ma siamo proprio sicuri che per vincere una corsa bisogni calzare scarpe da atletica? Chi ha detto che sui tacchi a spillo non si cammina bene? st Perché non sostituire un paio di scarpe con i tacchi,alle Adidas, Asics e Mizuno, che di solito calzano i runner? Se pensate che vincere una corsa con questo tipo di calzature sia improbabile, sbagliate!

(foto da internet)

Decine di donne dall'alto dei loro centimetri si sfidano ogni anno nella "stiletto run", la corsa su tacco a spillo. La fascinosa corsa è nata a Berlino, su iniziativa della rivista Glamour. L’ultima edizione si è tenuta a Sidney e la vincitrice dei diecimila euro in palio è stata la diciottenne Brittney Mc.Glone.

Diteci un po’, conoscete altre competizioni altrettanto bizzarre?

venerdì 16 gennaio 2009

Ma tu vulive 'a pizza



(Foto da Flickrcc)

Ci mancava anche questa! Dalla Padania, stato immaginario dalla sovranità e dai confini indefiniti, arriva la pizza-polenta: una mescolanza tra la tradizionale pizza al pomodoro e mozzarella di tradizione partenopea e il piatto elaborato con la farina di granoturco che, molti anni fa, era l'unico sostento delle famiglie del nord. 
L'idea è venuta al signor Crugnola, gestore della Premiata Pizzeria della Motta, uno dei locali preferiti da Umberto Bossi. Il signor Crugnola non è nuovo a queste imprese: durante la grave malattia che colpì il leader della Lega, inventò una nuova pizza e la battezzò col nome poetico di Tegno dur (tengo duro), idealmente dedicata al Senatur convalescente il quale, secondo le cronache, va matto per la pizza (l'apparato digerente non conosce confini, né stati...). 
Ecco a voi l'ingredienti della pizza Tegno dur: pomodori, crauti, wurstel, pannocchie di mais, hemmental e bacche di ginepro. 
Insomma, una robetta leggera!
Questa volta, però, con Bossi in piena forma, Crugnola ha cercato di coniugare, in un solo piatto,  le grandi passioni gastronomiche del leader della Lega: la pizza e la polenta. 
Come si elabora la pizza-polenta? Si prepara la base della pizza con uno strato di polenta al quale si aggiungono il pomodoro e la mozzarella. Si serve su un tagliere di legno e il tutto viene abbellito da una manciata di rosmarino. 



(Foto da Flickrcc)

Sembra che i patrioti settentrionali abbiano gradito l'invenzione culinaria di Crugnola: lo chef ha ricevuto prenotazioni da Ventimiglia a Trieste. 
A noi amanti della pizza (pizza!) e della polenta (polenta!) non ci resta che ricordare l'indimenticabile canzone di Aurelio Fierro  Ma tu vulive 'a pizza (Ma tu volevi la pizza), in cui si narrano le voglie gastronomiche di una bella, la quale, di fronte alle offerte galanti dell'innamorato, mantiene un unico e immutato desiderio: mangiare una vera pizza al pomodoro!!

giovedì 15 gennaio 2009

Cose di pubblica amministrazione!!!

(foto da internet)

«Il tornitore della Ferrari ha il sorriso e la dignità di dire al figlio il lavoro che fa, l’impiegato al catasto no». Parole del ministro della Pubblica Amministrazione. Infatti, a giudizio di Brunetta «Se uno ora fa il professore, il burocrate, l’impiegato al catasto, si vergogna». Chiarisce il suo concetto: «Voglio che la nostra burocrazia sia come la Ferrari: perché non può esserlo, che cosa le manca? La qualità media dei dipendenti è anche più alta, la rivoluzione è possibile». «Noi dobbiamo uscire dalla crisi con un Paese diverso». E ancora «Adesso che siamo in una crisi globale - ha sottolineato - c'è questa grande occasione: dobbiamo instillare il senso di responsabilità con un bastone. E la carota è l’orgoglio. [...]Se ciascuno dei 3 milioni 600 mila dipendenti aumenta la sua produttività c’è più efficienza e qualità per imprese e famiglie».



(foto da internet)
E poi via contro la giustizia: «La giustizia in Italia ha problemi di carattere organizzativo. Nei tribunali c'è una situazione preindustriale. Il 90% dei problemi della giustizia in Italia si chiama efficienza, produttività, trasparenza, spendere bene i soldi». A suo giudizio «finora l’inefficienza della P.A. ha fatto da freno a mano, ed è la ragione per cui noi cresciamo meno dell’Europa. In questo momento di crisi, abbiamo questo vantaggio» (di poter agire sull’efficienza della P.A.) e il ministro vuole farlo «col bastone e con la carota. La carota è che se l’Italia cresce di più ci sono più risorse per tutti, la carota è la dignità».
Non poteva mancare il suo acerrimo nemico: il sindacato. «[...] Io ho avuto un grande nemico che è stata la Cgil, che su tutte le mie iniziative non ha mai detto di sì. La cosa mi dispiace molto perché la Cgil è un grande sindacato, ma i sindacati - ha concluso - quando sono conservatori non servono al Paese».
Dal Sindacato, invece, controbbattono «Il ministro Brunetta passa dalla megalomania alla paranoia»: questa la replica di Carlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil. «Il ministro, resosi conto che ormai l'opinione pubblica ha smesso di abboccare agli annunci di miracolosi risparmi e recuperi di efficienza nei servizi pubblici, visto che ciascun cittadino e impresa è in grado di verificare che tutto è come prima, ha deciso di individuare “il nemico” e manco a dirlo il nemico è chiunque osi avere un parere diverso dal suo».
Cose di ordinaria (e pubblica) amministrazione in un paese allo sfascio!!!





mercoledì 14 gennaio 2009

Io me(le) mangio

(foto da internet)

È quasi impossibile enumerare tutte le varietà di mele che produce il Trentino Alto Adige, in quanto nella zona della Val di Non si coltiva la metà delle mele italiane. In questo caso non si tratta solo di quantità, ma si tratta di frutta di altissima qualità: Melinda, un marchio della zona, è entrata nell'esclusivo club delle 5 mele a denominazione di origine protetta . Il marchio D.O.P. è andato alle varietà Renetta, Red (o Stark) Delicious e Golden Delicious. L’abbondanza e la qualità di questo frutto nel Trentino spiega il fatto che le mele siano l’ingrediente preferito per l'elaborazione di diversi dolci tipici di questa regione, come lo strudel di mele, lo smorn (o Kaiserschmarren) , una frittata dolce a base di mela, uova, farina e zucchero, lo zelten o le frittelle di mele.

(foto da internet)

Lo strudel di mele è il símbolo della cucina altoatesina. Ma in realtà questo dessert ha origini mediorientali. Il termine strudel in tedesco significa gorgo, vale a dire qualcosa che gira su sè stesso, come la pasta di questo dolce, che avvolge un dolce ripieno di mele e uva sultanina. Lo strudel è una variante del “baclava”, un'antica ricetta turca tuttora molto apprezzata in quella zona.

Lo strudel è una ricetta molto interessante, soprattutto in quest’epoca post-abbuffate natalizie, in quanto contiene tanto ripieno e poco impasto. La ragione è che gli impasti sono meno umidi e quindi più calorici dei ripieni che contengono molta più acqua.

L’ingrediente fondamentale di questo dolce è la pasta, composta da farina, acqua e poco olio che bisogna impastare accuratamente. L'impasto va lavorato in modo da renderlo sottilissimo: secondo un antico detto austriaco la pasta è stesa in modo corretto se, posta sopra una lettera d’amore, ne consente la lettura delle parole. Un trucco per rendere possibile la lavorazione e che la pasta dev’essere tiepida e la farina ricca di glutine.

martedì 13 gennaio 2009

La ciudad de los prodigios



(foto da flickrcc)

Premetto: da tempo avrei voluto scrivere un post su Barcellona. Non ho mai trovato lo spunto giusto e ho lasciato il progetto nel cassetto. L'altro giorno, leggendo tra le cronache curiose dell'Italia, mi sono imbattutto in un trafiletto sulla città catalana e gli italiani che fuggono. Un piccolo spunto a cui mancava il titolo: l'ho trovato, ammiccando, ovviamente, al celeberrimo libro di Eduardo Mendoza.
La ciudad de los prodigios - è proprio il caso di chiamarla in questo modo- è al centro di un fenomeno migratorio importante che si sta verificando da qualche anno: Barcellona è stata scelta da numerosi giovani italiani come luogo in cui andare a vivere. Quasi 22.000 cittadini italiani, risiedono, infatti, nella capitale catalana. Il collettivo è in continuo aumento (la crescità è attorno al 16% annuale) e si crede che, tra poco, supererà quello degli ecuadoriani, al primo posto nella classifica delle comunità straniere residenti nella città di Pepe Carvalho.
Il motivo di questo esodo? Forse non ce n'è solo uno, ma parecchi; alcuni sono facilmente rintracciabili nelle pagine del nostro blog: il degrado dell'Italia -che ha raggiunto dei limiti insopportabili-, la società civile non riesce a trovare risposte alle proprie esigenze da parte delle classe dirigente del paese, la mancanza di sbocchi professionali... e chi più ne ha, più ne metta.



(foto da flickrcc)

La capitale catalana offre ai giovani tutto quello che in Italia semplicemente non c'è: dinamismo, voglia di vivere, opportunità. O è solo un caso che circa un terzo degli italiani residenti in Spagna vivano in Catalogna?

Per chi non dovesse conoscere le bellezze della Ciutat comtal, niente paura! Vi proponiamo un video sul suo magnifico Quartiere gotico.

Buon viaggio ( e chissà se... buon soggiorno!)